Guerra Russia-Ucraina: democratizzazione del racconto o infodemia? 

Alfonso Fanella

Alfonso Fanella

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Guerra sui social: una sfida che si combatte anche sul web

L’utilizzo diretto di Twitter del presidente ucraino Zelensky ha rivoluzionato il modo di comunicare a livello istituzionale e il modo stesso di fare la guerra, allargando il conflitto anche sul piano dei nuovi strumenti digitali: da Telegram a Instagram e WhatsApp, arrivano aggiornamenti continui da parte dell’establishment e video di scene di guerra girati con gli smartphone, rendendo la guerra in Ucraina la prima dove ogni singolo cittadino, soldato e bambino può diventare reporter di guerra, condividendo contenuti con altissima viralità.

Un sovraccarico d’informazioni dal fronte

È chiaro che questa grande quantità d’informazioni, pubblicate su diversi canali e con una netta parzialità del racconto a supporto (a seconda della parte che tratta la notizia), rende indecifrabile il quadro generale e il dettaglio delle informazioni. A ogni notizia, corrisponde una smentita o un racconto capovolto. Alle centinaia di vittime dell’ospedale pediatrico di Mariupol, dichiarate dal governo ucraino, corrisponde la smentita netta del Cremlino, che parla di attacco mirato a una struttura ormai presidiata soltanto da para militari.

bombardamenti-dombass

Non ci sono immagini delle centinaia di vittime, come non ci sono le immagini dei paramilitari morti (le foto diffuse riguardano un’altra struttura, lontana dall’ospedale in questione). Eppure ci sono spezzoni, foto, immagini forti e ritagli che sortiscono un effetto emotivo impregnato di suggestioni, di svastiche disegnate su bandiere giallo-celesti e palazzi in fiamme e profughi in fuga, ma che raccontano soltanto una parte dell’intero quadro, replicando anche sul piano dell’informazione la confusione che spesso regna sovrana nei teatri di guerra.

La crisi degli organi di stampa tradizionali

Se da un lato il profilo del guerriero twittatore di Zelensky può far sorridere o rendere falsificata la sua figura davanti all’opinione pubblica, sempre più spaccata sulla questione ucraina, dall’altra assistiamo a una piena crisi di giornali e tg, coinvolti anch’essi in una guerra, quella allo scoop, che non risparmia nessuno. Una fretta endemica non priva di rischi e disastri, come i servizi televisivi che riprendono scene tratte da videogiochi per ritrarre i bombardamenti russi, o scene di protesta in piazza a Vienna contro il cambiamento climatico, in cui molti attivisti si sono camuffati da morti dentro il sacco nero, utilizzate poi da giornalisti per immortalare i morti sdraiati sulla piazza di Kiev. Scivoloni gratuiti, che minano la ormai precaria fiducia dei cittadini verso gli organi di stampa tradizionali.

Informazione da internet: rischioso strumento dall’enorme potenziale

La crisi qui descritta, aggravata da una situazione televisiva e di stampa che sembra seguire un canovaccio preconfezionato, di un’informazione sfacciatamente allineata, lanciano un’ombra pericolosa. Di chi fidarsi dunque? A questa domanda non sembra esserci risposta adeguata. Internet, in questo caso, diventa strumento privilegiato di molti per accedere in maniera diretta alle informazioni, che devono comunque essere approfondite, capite e analizzate, e in certi casi archiviate come false. Persino i profili social dei politici possono essere un importante strumento di analisi della situazione politica, e ci dicono molto sull’approccio dei vari paesi alla crisi ucraina.

USA e gli altri protagonisti della scena

Dagli Stati Uniti Biden interviene in conferenza stampa, ma parla anche tramite social. Lo stesso fanno i colleghi tedeschi come Scholtz, e il presidente francese Macron. Su un’altra linea invece Mario Draghi, che affida raramente al profilo di Palazzo Chigi le comunicazioni ufficiali, Così come Putin, di cui non c’è traccia ufficiale e che stabilisce in maniera netta anche la differenza di stile nelle comunicazioni. Infatti il governo russo utilizza profili istituzionali, come President of Russia, con cui Putin stesso non parla mai direttamente e in cui si fanno solo alcuni accenni alla guerra in Ucraina, continuando su quella che è la strategia del Cremlino: non si sta parlando di una guerra, ma di una operazione speciale, e quello che succede in Ucraina è solo una faccenda di cui bisogna occuparsi per l’impero russo. Insomma, se per il resto del mondo quello in Ucraina è un conflitto che potrebbe portare a un’escalation mondiale, per Mosca è soltanto un’operazione militare speciale. Un chiaro segnale dello strapotere militare che vuol comunicare il governo russo.

 

 

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