La stretta dei governi sui social media. Che fine farà il nostro senso critico?

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Alfonso Fanella

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Il mondo digitale, un tempo terra di nessuno, è sempre di più oggetto di regolamentazione e limitazioni. Infatti sono diversi i governi che stanno intensificando gli sforzi per domare i colossi dei social media, piattaf che, pur avendo rivoluzionato la comunicazione, ha aperto le porte a fenomeni inquietanti come la diffusione di fake news, l’incitamento all’odio e la manipolazione dell’informazione. D’altro canto, i social si sono trasformati negli ultimi anni come “porti franchi” di libera informazione, su cui le decisioni di governo non possono (o non dovrebbero) intervenire. Basti pensare ai recenti casi d’informazione deviata

Perché la necessità di regolamentare?

La Corte Suprema degli Stati Uniti, con la sentenza Murthy vs. Missouri del 26 giugno 2024, si è pronunciata su una controversia cruciale: fino a che punto il governo federale può interferire nella gestione dei contenuti sui social media? Al centro del dibattito, l’accusa rivolta all’esecutivo di aver esercitato pressioni indebite sulle grandi piattaforme digitali, costringendole a censurare post ritenuti diffondere disinformazione, in particolare durante la pandemia di COVID-19 e le elezioni presidenziali del 2020.

La Corte ha respinto l’accusa secondo cui il governo avrebbe esercitato pressioni indebite sulle piattaforme social per censurare determinati contenuti, trasformando così le decisioni di moderazione delle piattaforme in azioni governative. Tuttavia pone dei limiti alla capacità del governo di intervenire direttamente nella moderazione dei contenuti delle piattaforme. Tuttavia, non esclude del tutto la possibilità di una regolamentazione futura.

Il rischio è quello di limitare la libertà di espressione e di creare un ambiente online soffocante. Le piattaforme social sono globali, mentre le leggi sono nazionali. Come armonizzare le diverse normative? Inoltre, le tecnologie e le piattaforme digitali evolvono rapidamente, rendendo difficile mantenere le leggi al passo con i tempi e con l’evoluzione degli stessi sistemi.

Qual è la situazione in Europa?

Il DSA (Digital Services Act) è un insieme di norme introdotte dall’Unione Europea per modernizzare e ampliare la “Direttiva sul commercio elettronico”, adattandola alle sfide poste dalle piattaforme online sempre più potenti e pervasive. L’obiettivo principale è quello di creare un ambiente online più sicuro, trasparente e responsabile, tutelando i diritti fondamentali dei cittadini e promuovendo la concorrenza.

Inoltre, la normativa impone alle piattaforme online di grandi dimensioni, come i social network, una maggiore responsabilità nella gestione dei contenuti pubblicati. Devono adottare misure più efficaci per rimuovere rapidamente i contenuti illegali o dannosi e per verificare l’identità dei venditori, ma non c’è chiarezza su come gestire le notizie e le fonti d’informazione.

Definizione dei contenuti dannosi

È difficile stabilire una definizione universalmente accettata di ciò che costituisce un contenuto dannoso o una fake news, così come risulta complesso (quasi impossibile) definire una fonte come attendibile o meno, in un mondo che vede la nascita e la morte continua di piattaforme d’informazioni online e dove anche l’attendibilità di determinate notizie della stampa tradizionale è messa in dubbio.

Basti pensare ai gruppi editoriali italiani, ognuno dei quali comprende diversi giornali e quotidiani, e che divulgano notizie con specifici indirizzi politici. A chi spetta determinare l’attendibilità di un giornale o di una notizia? Davvero un governo può sostituirsi alla coscienza del singolo individuo, alla sua capacità critica di valutazione e intromettersi nella gestione delle notizie sui social, varando come attendibile o meno una notizia, quando non riesce a farlo (forse deliberatamente) su giornali e quotidiani che esistono da svariati decenni?

Infodemia e sviluppo personale

In questa situazione di anarchia informativa, con un bombardamento costante di notizie, fortunatamente forse non regolamentate, risulta fondamentale che gli utenti si auto educhino per un uso critico dei social media e a sviluppare le competenze necessarie per distinguere le informazioni vere dalle false, oltre che sviluppare un senso critico in grado di interpretare e mettere in relazione le informazioni stesse.

Forse la responsabilità di un uso consapevole e critico dei social media ricade su ciascuno di noi. È fondamentale sviluppare un pensiero analitico, imparare a distinguere le fonti affidabili da quelle inaffidabili e a verificare le informazioni prima di condividerle. Così forse potremo navigare con più consapevolezza nel mare magnum dell’informazione digitale.

 

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