Marketing di Guerra: i social media e la narrazione dei conflitti

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Alfonso Fanella

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La comunicazione sui social media ha assunto un ruolo cruciale nella narrazione dei conflitti odierni, diventando uno strumento fondamentale sia per gli attori coinvolti nelle guerre sia per il pubblico globale. Questo fenomeno influenza la percezione dei conflitti, il loro svolgimento e il consenso internazionale. Ecco alcune aree chiave in cui i social media sono determinanti:

 

1. Controllo della narrazione

Il controllo della narrazione sui social media rappresenta uno degli aspetti più delicati e influenti nella gestione dei conflitti contemporanei. I social non sono solo un mezzo per diffondere informazioni, ma anche un campo di battaglia per le percezioni globali, dove ogni immagine, video o dichiarazione può essere usato per promuovere una narrazione favorevole agli interessi politici, economici o ideologici.

Esempio pratico: Russia VS “ghost of Kyiv”

La narrazione russa:

All’inizio della guerra, i media statali russi, tra cui RT (Russia Today) e Sputnik, hanno cercato di dipingere l’Ucraina come uno stato corrotto e instabile, dando la colpa all’Occidente per l’escalation del conflitto. Molti dei messaggi diffusi erano finalizzati a giustificare l’invasione come una “operazione speciale” volta a proteggere la popolazione russofona in Ucraina e a combattere i nazisti ucraini.

A livello visivo, i media russi hanno diffuso immagini e video che mostravano civili ucraini “liberati” da forze russe, spesso accompagnati da didascalie emotive, per suggerire che la Russia stesse portando la pace e la sicurezza. Tali contenuti venivano accompagnati da storie in cui i soldati russi venivano ritratti come eroi che difendevano la “vera” Ucraina contro il regime di Kiev.

La narrazione ucraina:

Il “ghost of Kyiv”, il pilota di caccia ucraino che, secondo le prime notizie circolate sui social, avrebbe abbattuto decine di aerei russi nei primi giorni dell’invasione. Questa storia, inizialmente diffusa sui social e ripresa dai media, è stata usata per incoraggiare il morale della popolazione e presentare l’Ucraina come una nazione resistente e pronta a difendersi con ogni mezzo.

Anche in questo caso, i social media hanno giocato un ruolo fondamentale nel diffondere l’immagine dell’Ucraina come vittima di un’aggressione ingiustificata, con video e immagini virali che mostravano soldati ucraini difendere la loro patria con coraggio. Il “ghost of Kyiv”, sebbene alla fine si sia rivelata una leggenda, è stato un potente strumento di narrazione visiva che ha contribuito a creare una figura mitica di resistenza.

 

2. Mobilitazione e attivismo

I social media hanno dimostrato di essere strumenti potenti non solo per la comunicazione e l’informazione, ma anche per mobilitare il sostegno globale e raccogliere fondi a favore delle vittime di guerra o dei movimenti di resistenza.

La capacità di utilizzare storie personali e contenuti visivi potenti ha il potere di suscitare empatia e sensibilizzare il pubblico internazionale.

Esempio pratico: “Rojava” e la resistenza curda

Coinvolgimento emotivo e attivismo

Il movimento curdo nel Rojava (Siria settentrionale) ha sfruttato i social media per raccontare la propria lotta contro lo Stato Islamico (ISIS) e la Turchia, suscitando un forte coinvolgimento emotivo. Le immagini di combattenti curdi, molte delle quali erano donne, che si opponevano ai terroristi dell’ISIS sono diventate icone di resistenza e femminismo. Le storie di queste persone, spesso documentate tramite video e post sui social, hanno mobilitato una rete internazionale di attivisti a sostegno della causa curda.

Campagne di crowdfunding

Piattaforme come GoFundMe sono state utilizzate per finanziare progetti di sostegno alle famiglie dei combattenti curdi caduti in battaglia e per raccogliere fondi destinati a iniziative di ricostruzione nelle zone liberate dall’ISIS. Inoltre, diverse campagne di crowdfunding sono state lanciate per finanziare ospedali, scuole e altre infrastrutture nelle regioni autonome del Rojava.

I Risultati

Queste campagne hanno aiutato a raccogliere fondi per le popolazioni curde e hanno aumentato la visibilità globale della loro lotta, attirando supporto internazionale sia in termini di aiuti materiali che di advocacy politica.

 

3. Coinvolgimento diretto dei combattenti

I social media hanno cambiato radicalmente il modo in cui i gruppi armati, i combattenti e persino i governi comunicano con il pubblico e reclutano nuovi membri.

I social non sono solo uno strumento per mobilitare l’opinione pubblica o per framing del conflitto, ma anche per il reclutamento e la radicalizzazione di nuovi combattenti, oltre a una comunicazione diretta e senza filtri con il pubblico globale.

Il Caso dei Combattenti Israeliani sui Social Media

Mostrare successi militari e vittime

l’IDF (Israel Defense Forces) è molto attiva nella pubblicazione di contenuti visivi che mostrano le proprie operazioni sul campo, comprese immagini e video di attacchi aerei, operazioni di terra e successi contro le milizie nemiche. I soldati israeliani, o account ufficiali dell’IDF, pubblicano frequentemente foto e video in tempo reale delle operazioni, cercando di mostrare il “successo” delle proprie azioni. Questi contenuti sono progettati per rafforzare la legittimità delle operazioni e presentare l’esercito israeliano come una forza di difesa contro gli attacchi terroristici.

I soldati israeliani, o account ufficiali dell’IDF, pubblicano frequentemente foto e video in tempo reale delle operazioni, cercando di mostrare il “successo” delle proprie azioni, ovvero la distruzione delle strutture nemiche, l’avanzata nei territori nemici e le vittorie sui nemici.

Internazionalizzazione del reclutamento

L’IDF ha anche attratto volontari dall’estero, in particolare dalla diaspora ebraica, creando contenuti specifici per quelli che potrebbero sentirsi chiamati a servire come soldati “foreign fighters”.

Piattaforme come Facebook e Instagram vengono utilizzate per offrire un’opportunità di servizio che va oltre il confine nazionale, promuovendo il concetto di unità e solidarietà internazionale.

 

Come “combattere” la guerra all’informazione?

In un’epoca in cui la comunicazione è sempre più dominata dai social media, la narrazione dei conflitti si gioca anche nel campo digitale. Le storie personali, i contenuti visivi potenti e le campagne di comunicazione sono diventati strumenti cruciali per raccogliere consensi, sensibilizzare l’opinione pubblica e mobilitare risorse.

Tuttavia, con queste opportunità emergono anche sfide significative legate alla disinformazione, al framing manipolato e al controllo della narrazione, che rischiano di alterare la realtà degli eventi.

La chiave per un impegno efficace e consapevole nel contesto globale di oggi sta nel riconoscere la forza della comunicazione digitale, ma anche nel navigarla con senso critico, per non perdere mai di vista la verità e l’autenticità dietro le immagini e le parole che plasmano il nostro pensiero collettivo.

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