Santa Fiora e la Rivoluzione dei Villaggi Digitali

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Alfonso Fanella

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Il Santo Graal dei lavoratori Full Time

Smart Working è una locuzione che da ormai sette mesi è entrata a far parte del nostro dizionario quotidiano. Presentata come una rivoluzione del mondo del lavoro d’ufficio, ad oggi sono molte le realtà aziendali che hanno assunto il modello del “lavoro da casa” come una soluzione flessibile per abbattere i costi di locazione, i costi energetici dei locali aziendali e il rischio di contagio per la pandemia di covid-19. Inoltre i lavoratori hanno potuto sperimentare un modello di lavoro che riduce i costi per gli spostamenti quotidiani, aumenta la produttività aziendale (per oltre il 72% delle aziende) e, soprattutto, concede agli stessi lavoratori più tempo da dedicare ai propri spazi domestici.

La quarantena ha cambiato il nostro modo di vivere il quotidiano?

Per niente. Concluso il periodo di lockdown, siamo tornati a fare la vita di tutti i giorni. Sveglia presto, bus, traffico, mascherina, guanti, amuchina, smog, 8 ore di ufficio, smog, amuchina, traffico, bus, auto, cena tardi, letto tardi. Poche ore di sonno. FINE. L’indomani si ricomincia da capo. Certo non tutti sono predisposti alla vita lavorativa da casa. Per molti è solo un’occasione per imbruttirsi (ammettilo… sei uno di quelli che non si toglie il pigiama fino alla doccia delle 7 di sera?) eliminando o riducendo i contatti sociali dell’ambiente lavorativo e rischiando inutili distrazioni. Ma per quasi tutti, i 3 mesi di lockdown sono stati un momento di profonda riflessione sulla possibilità di ottimizzare lo spazio e il tempo e di adattare queste coordinate alle esigenze lavorative.

 

Esistenzialismo Applicato

La quarantena ci ha solo messo di fronte a nuove consapevolezze sulle coordinate spazio-temporali delle nostre vite: abitiamo in spazi troppo piccoli, in città troppo affollate e viviamo vite troppo frenetiche. Il ritorno alla realtà di tutti i giorni è stato per alcuni una liberazione, per altri un vero e proprio tuffo nella vecchia e frenetica monotonia cittadina. Il contrasto tra le città a inquinamento zero, silenziose, con vite domestiche placide e maggiormente conviviali (per chi ha avuto la possibilità di affrontarla in compagnia di conviventi e familiari) del periodo quarantena, e le strade piene di traffico, le code al semaforo e la vita cittadina selvaggia del post lockdown, ci ha messo tutti di fronte a un dilemma che molti non avevano mai preso in considerazione: esiste un altro modo di vivere la propria vita?

 

Ufficio si, Ufficio no

Tra le grandi consapevolezze, una più di altre si è fatta largo con una forza dirompente: che bisogno abbiamo dell’ufficio? Che bisogno abbiamo di legare tutta la nostra esistenza a un luogo che non necessita della nostra presenza fisica? Nell’era di zoom live, skype, whatsapp web, slack, messanger lite, telegram, mail box e piccioni viaggiatori, nell’era in cui non si comunica a voce nemmeno con il proprio vicino di scrivania, nell’era in cui tutto deve passare per la tracciabilità del nero su bianco garantito da posta elettronica, pec, ecc, che bisogno abbiamo dell’ufficio, quando l’unica cosa necessaria rimane un portatile e una connessione internet?

 

Quando la natura chiama

A questa consapevolezza, che ormai si è fatta largo tra gli operatori del mondo digital, se ne aggiunge un’altra, già accennata: viviamo una vita dal ritmo innaturale, in uno spazio innaturale. Le attività di outdoor, come arrampicata, bike, trekking, hiking, hanno vissuto negli ultimi anni un incremento importante, specie tra i giovani, con un +4% in appena due anni (dal 2016 al 2018). Sono sempre di più le persone che tendono a cercare, nel proprio tempo libero, il contatto con la natura. Chi la passeggiata, chi l’orto di famiglia, chi un picnic in montagna.

 

Il fascino dell’antico

C’è anche un incremento del turismo verso borghi, campagne, luoghi di villeggiatura che per molti rappresentano oasi di vita passata all’interno della vita frenetica del terzo millennio. Oasi appunto, in cui rifugiarsi, ma da dover abbandonare dopo il trascorrere di un weekend, perché lì non c’è più lavoro e non esistono opportunità di crescita al di fuori del turismo da fine settimana. Oasi che sopravvivono grazie al flusso turistico estero o dalle grandi città, ma che stanno vivendo uno spopolamento che da qualche decennio sembra senza scampo. Ma, c’è un ma…

 

Pitigliano

 

Un inutile controsenso

Uno spopolamento che va in controtendenza con il desiderio dei molti di vivere una vita in armonia con l’ambiente, con un ritmo umano più sostenibile, con una qualità dell’esistenza migliore. Da qui l’idea che in molti si è fatta sempre più forte negli ultimi mesi: perché non contrastare lo spopolamento dei borghi rurali portando i lavoratori digitali ad abitare in quei luoghi? La presenza nei luoghi di lavoro tradizionali non è più un fattore imprescindibile. Sono i dati a confermarlo: lo smart-working aumenta la produttività, migliora la qualità della vita dei lavoratori (consentendogli di lavorare e vivere dove preferiscono, senza necessariamente risiedere nelle prossimità del posto di lavoro), diminuiscono il concentramento delle persone in città affollate (diminuendo la possibilità di focolai, o cluster, se preferite la terminologia cosmopolita), diminuiscono l’inquinamento e contrastano lo spopolamento di un pezzo importante del patrimonio abitativo italiano.

 

Salemi

 

Il primo villaggio digitale: Santa Fiora

Evidentemente tutte queste idee hanno avuto un veloce processo generativo. Sono stati molti i casi, nella recente storia italiana, di amministrazioni pubbliche che hanno provato l’incentivo della vendita simbolica di abitazioni per provare a incrementare il popolamento dei borghi a rischio spopolamento o di dissesto architettonico. Noti sono i casi di Carrega Ligure, nell’alessandrino, di Salemi, nel trapanese (allora c’era Vittorio Sgarbi come primo cittadino), ma tutti questi tentativi erano fallaci in un punto: non c’era una vera e propria prospettiva lavorativa di largo respiro. L’amministrazione di Santa Fiora, invece, è stata capace oggi di coadiuvare tutti queste nuove correnti di pensiero, lanciando un’iniziativa brillante e lungimirante: il bando Smart Working Village, con una dotazione finanziaria di 30 mila euro, copre fino al 50% dell’affitto di chi desidera vivere per un periodo nel piccolo e splendido borgo toscano, nella Maremma e ai piedi del Monte Amiata, tra ulivi, vigneti e paesaggi unici al mondo.

 

Santa Fiora

 

A chi si rivolge il bando?

La Risposta del sindaco non lascia spazio a dubbi: “A tutti, dai dipendenti pubblici e privati, fino ad arrivare ai lavoratori autonomi, come professionisti e artigiani. A chi desidera alternare la vita nella grande città, alla possibilità di trascorrere almeno la metà dell’anno in un piccolo borgo come il nostro che, grazie alla banda ultralarga, permette a tutti di avere connessioni internet veloci con le stesse prestazioni delle grandi città”.

 

Santa Fiora

 

Santa Fiora: la possibile apri fila di una rivoluzione che bisogna fare

Il progetto Santa Fiora Smart Village è reso possibile dal recente arrivo in paese della banda ultra larga, che potrebbe permettere di attirare verso la cittadina un nuovo e vivace bacino di cittadini, potenzialmente giovani e dinamici, che possono decidere, trascorso il tempo di copertura del bando, di trasferirsi in pianta stabile nel comune toscano. Un’iniziativa che sta trovando molta risonanza nel mondo digitale. Un segnale che le necessità di migliorare la qualità della vita, di ritornare a dimensioni cittadine più a misura d’uomo (senza lasciare indietro l’innovazione e le professionalità che al momento sembrano poter attecchire solo in città) siano un argomento più che sentito.

Una rivoluzione del modo di concepire non solo le professioni digitali, ma lo stesso modo di vivere lo spazio domestico e cittadino, che riesca a coadiuvare innovazione tecnologica, connessione e digitalizzazione con l’ambiente rurale ed extra-cittadino. Una rivoluzione che potrebbe portare nuova verve e nuova vitalità all’ambiente provinciale, facendo rivivere agli stessi luoghi una rinascita, sia economica che demografica. Una rivoluzione che avrà bisogno di essere capita, che avrà bisogno di tempo, di visioni politiche di una certa ampiezza e soprattutto investimenti (specialmente strutturali e tecnologiche).

Una rivoluzione difficile insomma, ma che rimane forse l’unica da portare avanti per salvare il patrimonio rurale del bel paese.

Borgo in Basilicata

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